martedì 29 dicembre 2009

Come può la crisi di un sistema diventare una nuova occasione?

Le ultime settimane dell’anno solare sono il periodo in cui molti operatori del settore tessile abbigliamento fanno le nuove strategie.

Quest’anno ciò è particolarmente arduo. L’Unione Industriale Pratese segna da un paio d’anni una diminuzione media del fatturato che si aggira intorno al 30% annuo. Molte di queste aziende probabilmente non riapriranno dopo le ferie natalizie. Le sfide sono tante e tutte molto difficili. E questo non facilità per nulla l’obiettività di un giudizio che comunque deve essere dato.

Occorre sicuramente avere "un assetto" aziendale il più possibile performante. Chi ancora non ha ottimizzato le proprie risorse è probabilmente fuori dai giochi.

Nonostante tutte le difficoltà, rimango convinto che da Prato il mondo della confezione e abbigliamento, possa ancora aspettarsi nuove idee interessanti. La maggioranza delle aziende, giustamente, si concentra su i classici binari con cui sempre si è offerto il prodotto. Le collezioni vengono concepite e fatte seguendo lo stesso metodo. È possibile però, che sia necessario un ripensamento di questi processi. D'altra parte, interpretare il problema dell’innovazione solo con il decentramento dei processi produttivi appare riduttivo e forse non così interessante per tutti.

Non sono convinto che il sistema produttivo sia la risorsa pratese. Forse occorre pensare in modo nuovo. Provo a spiegarmi meglio, anche se il mio vuole solo essere uno spunto di riflessione e non una ruvida provocazione che non porterebbe a nulla.

A Prato questa crisi si sta facendo sentire di più che da altre parti, e questo è evidente. Ma non è l’unica evidenza. Prato è un ambito in cui “si mostrano” i punti deboli di un sistema che oggi sembra essere al capolinea. Secondo me, è proprio in questa progressiva debolezza del sistema che la nostra attenzione dovrebbe attestarsi. Qual è davvero la nostra grande risorsa? Il sistema, il metodo fino a oggi usato? E più in generale il famoso "Made in Italy" è davvero relegabile ad un metodo, un modo con cui si fanno le cose? Io sono convinto che sono gli uomini a fare il sistema e non viceversa. Quando le posizioni si ribaltano tutto diventa paradossale. Sarebbe davvero un assurdo paradosso se la crisi di un sistema affossasse chi l’ha ideato. Il sistema industriale pratese funzionava perché c’erano uomini che con la propria creatività l’hanno concepito e messo in atto.

Ogni giorno, incontro persone di grande valore nel distretto tessile pratese. Il loro pontenziale creativo rischia di rimanere inespresso a causa di una resa politica, nel senso deteriore del termine, cioè decisa da altri. E' un giudizio sbagliato quello che causa questa resa. E' il partire dalle circostanze come se non esistesse l’uomo all’opera e questo non mi corrisponde. Le circostanze senza l’uomo sono soltanto “cose”, se usate dall’uomo diventano un’opera. Il rischio è che ci si attesti su un giudizio di performance insoddisfacente – “non ci sono più gli ordini” - invece che sulle persone all'opera. La performance è solo il risultato di un metodo. Ed è l’uomo che può capirlo, che mette insieme il problema con la sua soluzione, che fiuta le nuove possibilità e priorità, che può decidere di cambiare metodo per seguire più adeguatamente l’oggetto che deve essere affrontato.

Spero che questo possa essere un contributo utile.

20 commenti:

  1. Ottimo. Il mondo e il futuro saranno di un uomo "nuovo", rinnovato, o forse più semplicemente, di un uomo vero. Avanti, che il mare è di chi lo naviga!

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  2. Inutile dire che sono molto daccordo con te Sig. "visite guidate", chiunque tu sia! :)

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  3. IO non ho le competenze imprenditoriali o di conoscenza della città per dire qualcosa di tecnicamente rilevante sulla situazione pratese.
    Accetto però la provocazione e dico che la questione "uomo all'opera" è centrale e dirimente.
    Sempre, non solo perché ad un certo punto il danaroso e tutto sommato facile giocattolo pratese si è rotto.
    L'uomo all'opera, l'uomo che desidera costruire ha lo stesso punto di partenza sia quando va bene sia quando va male.
    Il disorientamento di chi si trova in crisi ed il fatto che la conseguenza sia un lamento e non un tentativo "creativo" mi fa pensare che chi reagisce così, da un pezzo non creava più un bel nulla.
    e questo è totalmente un problema della "persona" e da lì che è necessario partire o ripartire. L'analisi del sistema aiuta, ma aiuta uno che abbia da spendere in energia e dedizione, aiuta un costruttore, è uno strumento al servizio della persona, se manca quella, lo strumento rimane inerte.
    Secondo me, bello se si vuole entrare nel dibattito sulla crisi cittadina, ma dobbiamo farlo ribaltando il tavolo. Un progetto che sia meno del tentativo di risposta alla domanda "cosa voglio costruire", non è un progetto, ma al massimo una tattica

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  4. Il problema sta nei numeri A causa della mancanza di commesse Prato ha perso molto fatturato, e di conseguenza sono mancati gli investimenti che sempre sono necessari per andare avanti,per rinnovare,L'altro grave problema e la produzione che attualmente e al livello qualitativo più che scarso. Soprattutto le Rifinizioni e tintorie lavorano male. La ns. forza qualità e creatività soffre e ci si nasconde dietro,ma i asiatici consegnano peggio.
    Cosa non vera. Come si risolve il problema ? e indispensabili non perdere altri anelli della filiera ,di responsabilizzare il lavoro. La merce che consegnammo deve essere perfetta. Per battere la concorrenza dei Paesi emergenti a basso costo di manodopera dobbiamo essere si creativi ma anche responsabile consegnare bene in tempo e dare un servizio perfetto. Tutte cose che attualmente non facciamo o non facciamo bene.

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  5. @roberto: ma quindi sei sostanzialmente in accordo con ciò che esprime l'articolo? Mi sembra di si. Nb: rileggendo quello che avevo postato ieri sera nell'articolo (martedì 29 dicembre), mi sono accorto che ero più provocatorio nei toni che propositivo. Il mio vuole essere un contributo propositivo e quindi mi sono permesso di correggerlo. Grazie a te Roberto!

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  6. @1947: Ti ringrazio moltissimo del contributo. Mi colpiscono alcune cose che dici e le vado a elencare:

    1) La qualità della produzione che è, secondo il tuo giudizio, scarsa. Questo è un fatto che anche per l'esperienza quotidiana che faccio, il rappresentante di tessuti, è proprio evidente. E' interessante la provocazione che lanci. Non nascondersi dietro le frasi ormai dette in modo quasi automatico del tipo "Ma gli asiatici consegnano peggio" quando è la nostra qualità che soffre e questo perché secondo te non ci stiamo puntando adeguatamente. E' un’interessantissima osservazione.

    2) Responsabilizzare il lavoro. Anche qui mi trovi davvero allineato. Cito "Per battere la concorrenza dei Paesi emergenti a basso costo di manodopera dobbiamo essere si creativi ma anche responsabile consegnare bene in tempo e dare un servizio perfetto" sono proprio con te. E su questo come sul resto sono sicuro che si aprano discussioni drammatiche, soprattutto pensando a quanto cuore alcuni dei nostri fabbricanti pratesi ci hanno messo e ci mettono, senza riuscire a capire fino in fondo su quale leva devono fare forza.

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  7. Alcune riflessioni per questo anno nuovo: 2010
    sempre agganciandoci al discorso sulla crisi nel distretto queste riflessioni sono dedicate a tutti noi.
    In anzi tutto il lavoro e sacro. Il lavoro ci permette di guadagnare e quindi di progredire e creare ricchezza per noi e la scocieta.
    Quindi il Lavoro va difeso,ma non soltanto nella espressione della lotta ,qualche volta necessario ma più delle volte dannoso e inutile per la società.
    Mentre si difende il Lavoro,lavorando bene, con coscienza e attenzione, con la voglia ,la gioia e intusiassmo. In questo modo le ns. aziende possono progredire creando ricchezza che va al beneficio della azienda ma anche
    al singolo lavoratore. Ogni imprenditore intelligente può solo premiare i suoi dipendenti meritevoli. Smettiamola con le lotte indiscriminati contro il cosiddetto Padronato. Facciamo Sciopero ma quando e indispensabile,e non
    mettendo in ginocchio un intero paese perché la protesta viene eseguita nei momenti di massima concentrazione.
    Difendiamo i nostri valori le nostre origine il nostro lavoro senza prevaricare su quelli degli altri. Odio e Razzismo non portano da nessuna parte, ma pretendiamo che gli altri rispettino i nostri valori le nostre leggi e il nostro modo di
    vivere se vogliono stare nella nostra Europa.
    Ritornando a Prato cioè al Prato tessile, dobbiamo in tutti modi difendere la filiera,sono pero convinto che da solo e una lotta quasi invincibile. A mio avviso,se vogliamo non abbandonare il settore tessile abbiamo bisogno di forte sostegno. Ricordatevi che l produzione tessile e la prima industria che viene impiantato nei così detto paesi poveri che ovviamente hanno altri costi dalla manodopera al ambiente e per questo che questa industria tessile italiana
    e di conseguenza quella Pratese necessita per essere competitivi aver dei costi meno esosi (penso alle Tasse oneri sociali, corrente elettrica quella italiana con il costo più alto in Europa. Pensate a un tessitore o una tessitura
    quanto incide questa voce ogni giorno sulla la loro produzione )
    Visto che quando Banche e Finanza sono in difficoltà ,vengono aiutati,non vedo perché questo non e possibile per il settore tessile. Ai politici dico che non vengono fuori con la scusa ma siamo in Europa che non ci permette
    di sostenere questo settore. Se a Roma sono convinto che per L'Italia la produzione tessile e ancora importante si trova una strada per rendere competitivi i nostri fabbricanti tessile. Sono convinto che l'industria tessile e sopra tutto
    l'imprenditoria Pratese ha nel suo DNA la forza di tornare ai vecchi tempi gloriosi.
    BUON ANNO

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  8. Interessante serie di osservazioni dell'amico "1947", che dal modo di scrivere si capisce essere di origine straniera, ma assolutamente capace di rendere le sue argute osservazioni molto comprensibili.

    Una veloce provocazione però ad uno dei temi posti. Credo che per trovare gli aiuti si debba prima avere dei progetti innovativi su cui poter puntare. E questi per quanto mi è dato di osservare, non ci sono.

    Tutti sono convinti che si debba sostenere il metodo con cui si è sempre prodotto il tessile a Prato, e da un certo punto di vista ciò è comprensibile. Io credo però che non sia in crisi il metodo ma la capacità di innovare innanzitutto. Non si è puntato sulla persona, non s’investe sul così detto "capitale umano". Non ci sono vera creatività e capacità di rendere un’idea creativa, un prodotto sul mercato, più appetibile di quelli della concorrenza. Sulla possibilità di avere nella propria impresa qualcuno che sia capace di fare questo, non si è investito. Perciò a parità di esigenza soddisfatta, il cliente prende il prodotto che costa meno.

    Quanti dei nostri imprenditori hanno saputo davvero innovare?

    Tutti siamo quasi concordi sul fatto che, risolto il problema della disponibilità di capitali da investire e con un po’ di tempo, chiunque è in grado di riprodurre il nostro prodotto. I più svelti e intelligenti fra noi a capire questo punto cruciale hanno decentrato la produzione per far fronte al problema del minor costo del lavoro, ma mi chiedo: questa è davvero innovazione? È sicuramente un modo molto efficace, anche se difficilissimo, di rimanere competitivi, non sono convinto però che si possa parlare d’innovazione. Non ho detto che non lo è. Dico che non ne sono convinto e il mio ragionamento mi pare che trovi conferma sul mercato.

    Io penso che la vera domanda sia: quanto il mio prodotto è innovativo e quanto sto investendo sull’innovazione del mio prodotto o del servizio che offro? Se la risposta a questa domanda è affrontata in modo serio, con tenacia e pazienza, con gli strumenti giusti, si valorizzerebbe più la persona, si sarebbe capaci di creare nuovi scenari per la nostra industria e si avrebbero progetti in grado di ottenere maggiori consensi, anche politici.

    Insomma c’è molto da capire e da osservare e, a Dio piacendo, lo faremo.

    Nel frattempo auguro a tutti un felice 2010 e tanta voglia di innovare, di studiare, di osservare e di misurarsi con progetti davvero sfidanti!

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  9. Purtroppo, per alcuni, l'innovazione é un abito mentale, una tensione continua con cui convivere e da cui far nascere spunti, riflessioni, novità.

    L'innovazione in tempi di crisi é illusoria, semmai l'innovazione per quando verranno i tempi di crisi.

    Saluti

    :-)

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    Il mio blog
    (http://ilblogdicuccuini.blogspot.com/)

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  10. Gentile Francesco,

    Innanzitutto la ringrazio del suo commento.

    Sinceramente però, la mia esperienza contesta quello che lei dice.

    Non c'è momento più opportuno del tempo di crisi per innovare. Tutte le persone che si devono implicare in un processo innovativo, infatti, sono energicamente più disposte a compiere un passo nuovo quando quello che hanno sempre fatto sembra non funzionare più. Quando invece tutto va bene, si tende a essere più automatici e a farsi molte meno domande.

    Alcuni imprenditori con cui sono in rapporto, mi hanno raccontato di un interessantissimo corso dal titolo "come innovare in tempi di crisi". Essi, che di lavoro fanno gli imprenditori, quindi comprano materie prime e le trasformano in un prodotto da porre sul mercato, mi hanno detto che hanno trovato questo corso molto efficace e pertinente al momento che anche loro, come molti di noi, stanno attraversando.Ho deciso di fidarmi della loro esperienza!

    Sa com'è, io tendo a partire sempre dall'esperienza piuttosto che dal ragionamento logico.

    Saluti
    Dennis Sauer

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  11. Non voglio fare il professorino, ma leggendovi mi vengono in mente queste riflessioni in parte avvalorate da fatti in parte dal buon senso.
    Il concetto mi pare molto semplice: per quelle realtà che fanno della R&D fa un driver permanente la crisi è una opportunità per acquisire quote di mercato che si consolideranno quando il mercato riprenderà e se non riprenderà la R&D sarà stato l'unico modo per rimanere in vita. Il pratese ha vissuto e vive mungendo una mucca, e la delocalizzazione produttiva in mercati a basso costo del lavoro non è stato (nella stragrande maggioranza dei casi) un modo per innovare ma per continuare a mungere. Forse però il mercato del tessile non è più un mercato classificato come mucca da mungere a meno che i prodotti di riferimento e i processi si innovino, ma questo è un passaggio che implica, a mio modo di vedere, tempi medi e risorse da investire. Soprattutto per un distretto che non ha mai fatto dell'innovazione un suo punto di forza se non sporadico; questo fatto è confermato dal fatto che la spinta della fine anni 90' alla delocalizzazione era un modo per intervenire sul lato dei costi e non su quello del modello di progettazione-produzione-distribuzione.
    Cioè il distretto ha continuato a fare le stesse cose tentando di abbassare i costi, pensando che i ricavi si mantenessero costanti.
    Per cui o uno innova continuamente oppure se si mette a innovare (senza tra l'altro che questo sia una cultura consolidata nell'azienda e nel distretto) quando la crisi fa sentire i suoi stretti morsi è, purtroppo, già tardi.
    Solo un spunto...continuerò a seguirvi e magari ad intervenire...

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  12. Ciao Simone,

    Grazie del tuo post. Sono in parte d'accordo.
    Io sono convinto che il tessile da Prato non scomparirà, anche se credo rimarranno solo le aziende che riusciranno a innovare molto di più, e non soltanto sui processi produttivi, quello lo abbiamo sempre fatto, quanto sui prodotti.

    Per quanto riguarda i processi dell'innovazione del prodotto,(la ricerca e sviluppo o R&D), sono in sostanza assenti nelle nostre aziende, o quasi. La ricerca e sviluppo vera da noi non è quasi conosciuta. Chi a Prato la fa, e ci sono esempi precisi nel distretto, ha potuto offrire prodotti a mercati prima impensabili. Crescendo ogni anno e, sopratutto, consolidando degli ottimi rapporti commerciali.

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  13. @ Dennis

    In tempi di vacche grasse concordo pienamente che occorre evadere ordini e fatturare però quale momento migliore per innovare.

    Sono presenti risorse, non siamo distratti dal lavoro che cala anzi siamo distratti dagli ordini da evadere, le risorse umane sono più serene.

    Vedo l'innovazione come scelta strategica aziendale e non come leva contingente per uscire dalla crisi.

    Credo all'innovazione come abito mentale ...con tutti i suoi vincoli.

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  14. http://video.corriere.it/?vxSiteId=404a0ad6-6216-4e10-abfe-f4f6959487fd&vxChannel=Spettacoli&vxClipId=2524_16ae4092-ff74-11de-a791-00144f02aabe&vxBitrate=300

    Guardate un po questo , in alcuni tratti molto interessante. Buona visione!
    Simone

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  15. @ simone: che cos'è che ti ha colpito nel video di cui hai postato il link?

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  16. @ Francesco:

    Ok ora ho capito cosa intendi.

    In linea teorica si può sempre credere o non credere alle cose.

    Converrai con me però che, di fatto, quello che conta, è se si ha un’idea innovativa o no e se si riesce a trasformarla in qualcosa che il mercato riconosce e cui attribuisce un valore.

    
Nell'ambito del distretto industriale tessile si ha l'impressione, ripeto, che non si conosca il contenuto dell'esperienza indicata dalla parola "innovazione", se non in alcuni rari casi. Questo perché non era necessario cambiare qualcosa per vendere di più, bastava gestire bene quello che si era sempre fatto.

    

Adesso, io credo, siamo già oltre la crisi. Ci troviamo in un punto tale per cui molte delle aziende che in questi anni, offrendo quasi gli stessi prodotti si sono limitate a lavorare su un prezzo più competitivo, hanno di fatto chiuso o lo stanno per fare. Se paragoniamo la crisi a un incendio e, le imprese agli alberi di una foresta (il distretto) molto è già bruciato.

    A questo punto si deve per forza cambiare qualcosa orientandosi molto di più al mercato di quanto è stato fatto in precedenza. E nella produzione occorre davvero raggiungere una perfezione e una qualità che i mercati emergenti non riescono a raggiungere.

    Dennis

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  17. caro Dennis,

    in coda ai post volessi comunicarti la mia reazione POCO INTERESSANTE cosa faccio?

    :-)

    Con simpiatia

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  18. ho trovato questo blog solo ora e mi dispiace non averlo trovato prima.
    Ho letto i vari commenti in parte sono d'accordo in parte no.Credo che a Prato sia mancata e manchi ancora ,a molti imprenditori, la capacità e volonta di delegare a degli "specialisti" alcune aree gestionali delle aziende,in particolare la commerciale,il marketing e la comunicazione.L'imprenditore tuttologo non è quello che il mercato richiede.
    Chi si era illuso di produrre per le varie case di moda o clienti istituzionali, acquisendo ordini importanti per quantita e fatturati, ha sbagliato previsione molti anni fà.
    Sicuramente se avessero avuto un programma e una strategia di penetrazione del mercato forse molte aziende oggi chiuse,magari con fatturati ridotti e meno forza lavoro,sarebbero ancora in vita con tutto l'indottto.
    Altra cosa mancata è stata l'unione tra imprenditori.Sembra che si siano dimenticati che in un mercato globale più forti siamo e più si va avanti,basta fare una panoramica nel mondo per capire chi oggi fà il mercato e quindi profitti.Certamente l'innovazione è e sarà sempre necessaria e costante.

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  19. Buonasera Riccardo,

    grazie per il tuo commento. Se vuoi puoi anche iscriverti come "sostenitore" in modo che verrai avvistato al prossimo articolo.

    Sono in parte d'accordo con quello che dici. Sia sull'imprenditore tuttologo che sulla questione dell'unione e la collaborazione fra le aziende. Penso che, ad ogni modo, tutti i commenti non vadano per forza letti come occasioni perse e basta ma come spunti per uno sviluppo futuro.

    alla prossima

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  20. Bunasera Dennis,
    sono daccordo con te ma non era intenzione mia di classificarle occasione perse bensi una costatazione della realtà imprenditoriale del distratto pratese.Mi sono permesso di dire quello che ho scritto anche in forza della mia esperienza di direttore commerciale.Resta il fatto che cambiare al mentalità dell'imprenditore pratese è impresa oserei dire titanica al limite dell'impossibile perchè ancora moliti vivono dei ricordi del passato.Ma oggi purtroppo,per tutti,i tempi sono radicalmente cambiati.

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